Criteri di ottimizzazione del sistema di monitoraggio dinamico di strutture in cemento armato

Identificazione dinamica

L’analisi delle vibrazioni strutturali indotte da azioni naturali o artificiali consente la valutazione delle caratteristiche strutturali dinamiche in termini di frequenze modali, forme modali e smorzamenti di una struttura.

Tale valutazione prende il nome di identificazione dinamica. Quest’ultima è realizzata mediante il posizionamento di una rete di sensori sull’opera e l’adozione di algoritmi basati sull’analisi modale sperimentale. Gli algoritmi maggiormente adoperati a tal fine sono il frequency domain decomposition (FDD) e l’enhanced frequency domain decomposition (EFDD) insieme al modal assurance criteria (MAC) per la verifica dei risultati ottenuti. In generale, la precisione dei metodi citati dipende dalla distribuzione spaziale dei sensori all’interno della struttura.

Analisi Modale Sperimentale

L’analisi modale con approccio sperimentale può essere di due tipi: l’experimental modal analysis (EMA) e l’operational modal analysis (OMA). L’EMA presuppone l’utilizzo di una eccitazione artificiale nota mentre l’OMA sfrutta l’eccitazione prodotta dall’ambiente circostante, assimilandola ad un rumore bianco di tipo Gaussiano a media nulla, ossia un segnale random caratterizzato da una funzione di densità spettrale di potenza costante su tutte le frequenze. Con l’OMA, non essendo necessarie attrezzature per l’eccitazione della struttura, le indagini sono più semplici da eseguirsi e più economiche. Tuttavia, si presuppone che il segnale di ingresso sia assimilabile a rumore bianco. I principali problemi derivanti da questa assunzione sono relativi al contenuto energetico del segnale ovvero alla sua capacità di eccitare realmente i modi propri della struttura. In generale, i risultati dell’identificazione dinamica sono utilizzati secondo un approccio model-based che prevede di costruire e calibrare un modello ad elementi finiti dell’opera, insieme alle altre informazioni disponibili sulle sue proprietà geometriche e meccaniche, utile anche per il monitoraggio strutturale della stessa.

Modal Assurance Criteria (MAC)

La MAC  è uno dei principali criteri di verifica basato sulla comparazione quantitativa delle forme modali. In sostanza, esso è un criterio per valutare la consistenza dei dati sperimentali ottenuti rispetto ai valori numerici ricavabili da un modello FEM dell’opera in esame. Definiamo, quindi, la matrice di MAC quella matrice m x m, i cui elementi sono dei numeri scalari compresi tra 0 e 1, ottenuta dalla seguente relazione:

Ove,

-𝜓𝑛𝑢𝑚 è la forma modale del modello

– 𝜓𝑠𝑝 rappresenta la forma modale proveniente dai risultati sperimentali

Come detto, la MAC può assumere valori compresi tra 0 (nessuna corrispondenza) e 1 (totale corrispondenza). In particolare, valori superiori a 0.9 indicano una forte correlazione, mentre valori piccoli rappresentano una povera corrispondenza tra le due forme modali. In sostanza, acquisiti i dati registrati dai sensori disposti sulla struttura con una data frequenza di campionamento, si valutano la funzione di autocorrelazione 𝑅𝑥𝑥 e la funzione di cross-correlazione 𝑅𝑥𝑦. Da tali funzioni, attraverso la trasformata di Fourier, è possibile definire la PSD e decomporla a valori singolari secondo la tecnica SVD. Dalla rappresentazione grafica dei valori singolari dello spettro è possibile individuare graficamente i picchi di risonanza ovvero le frequenze proprie della struttura e, infine, le forme modali associate.

Frequency domain decomposition (FDD)

Il frequency domain decomposition (FDD) è un metodo output-only capace di identificare la frequenza di risonanza di un sistema strutturale in funzione della risposta acquisita in termini di accelerazioni tramite opportuna sensoristica.

In sostanza, acquisiti i dati registrati dai sensori disposti sulla struttura con una data frequenza di campionamento funzione del range di frequenze da indagare, si valutano la funzione di autocorrelazione 𝑅𝑥𝑥 e la funzione di cross-correlazione 𝑅𝑥𝑦. Da tali funzioni, attraverso la trasformata di Fourier, è possibile definire la power spectrum density (PSD) e decomporla a valori singolari secondo la tecnica del single value decomposition (SVD). Dalla rappresentazione grafica dei valori singolari dello spettro è possibile individuare graficamente i picchi di risonanza ovvero le frequenze proprie della struttura e, infine, le forme modali associate.

Nel dettaglio, il processo si compone delle seguenti fasi:

1) Si acquisiscono i dati provenienti dai sensori disposti in opportuno modo sulla struttura da analizzare e si sceglie una frequenza di campionamento che si ritiene opportuna in base al range di frequenze d’interesse del caso in esame e tenendo conto del teorema del campionamento.

2) Si valutano le funzioni di autocorrelazione 𝑅𝑥𝑥 e funzione di cross correlazione 𝑅𝑥𝑦 . La prima rappresenta un indice che indica quanto il segnale acquisito ad istanti diversi è correlato con sé stesso; la seconda invece indica quanto due segnali sono correlati tra loro.

3) Si procede eseguendo la SVD (Singular Value Decomposition) della matrice di densità spettrale. Tale decomposizione conduce alla determinazione di tre matrici – di cui due uguali essendo la PSD una matrice quadrata e simmetrica. La prima è una matrice diagonale G che ha sulla diagonale principale i valori singolari della [𝑊𝑥 (𝜔)] e la seconda – e analogamente la terza – è una matrice U contenente i vettori singolari u. In particolare, dalla rappresentazione del primo valore singolare al variare della frequenza si individuano i picchi ovvero le frequenze di risonanza.

4) Dalla rappresentazione grafica dello spettro dei valori singolari è possibile individuare graficamente i picchi di risonanza.

Singular Value Decomposition (SVD)

La decomposizione a valori singolari è una fattorizzazione matriciale che permette di rappresentare una qualunque matrice come il prodotto di tre matrici di cui due ortogonali e una diagonale. Essendo la matrice in questione – la PSD – una matrice reale, quadrata e simmetrica, si verifica che: (i) i suoi valori singolari coincidono con il valore assoluto degli autovalori della matrice stessa e (ii) i vettori singolari – coincidenti tra loro – coincidono a loro volta con i suoi autovettori.

Inoltre, si ritiene che il primo vettore singolare ben approssimi la forma modale d’interesse e quindi l’individuazione delle frequenze di risonanza è eseguita a partire dalla rappresentazione del primo valore singolare della PSD al variare della frequenza.

Enhanced Frequency domain decomposition (EFDD)

La tecnica EFDD, ovvero l’estensione della tecnica FDD, permette la stima dello smorzamento a partire dalla funzione di autocorrelazione nel dominio del tempo corrispondente alla campana spettrale associata a ciascun modo identificato.

In sostanza, si applica la tecnica FDD come descritto in precedenza. A partire da ogni frequenza individuata – ovvero ogni picco della PSD, si isola la campana spettrale rappresentativa della funzione di densità spettrale della risposta di un sistema a singolo grado di libertà relativo al particolare modo da identificare. Per ogni campana si valuta, quindi, la funzione di autocorrelazione nel dominio del tempo. Per ogni funzione di autocorrelazione, applicando il logaritmo naturale al valore assoluto di ciascun picco presente all’interno di essa, si ricava il coefficiente angolare della retta di regressione ai punti sperimentali. Da questi valori, mediante la tecnica del decremento logaritmico, si valuta smorzamento 𝜉𝑖 associato al generico modo i.

Ottimizzazione sensori

Si prenda in esame un ponte ad arco in cemento armato a volta sottile, caratterizzato quindi da un momento di inerzia dell’impalcato  maggiore rispetto al rispettivo momento di inerzia dell’arco.

Per ottenere PSD, frequenze naturali e forme modali ad esse associate si parte dall’impiego di 13 accelerometri triassiali disposti secondo la seguente configurazione:

 

In particolare, sono stati analizzati gli effetti (i) delle componenti di azione del segnale eccitante, (ii) della frequenza di campionamento, (iii) dello smorzamento e (iv) della durata del segnale in input. Si specifica che saranno ritenuti ammissibili errori in frequenza rispetto alle frequenze dell’analisi modale minori del 3%. Per le MAC, saranno ritenuti ammissibili valori sulla diagonale principale maggiori del 75% e fuori diagonale principale minori del 40%.

Dalle prime analisi condotte è possibile concludere che: (i) al variare della componente del segnale di eccitazione si identificano i modi a cui corrispondono le masse partecipanti (generalmente superiori al 5%) nella direzione di azione del segnale in input. (ii) La frequenza di campionamento deve essere scelta a seconda del range di frequenze che si vuole indagare nel rispetto dei teoremi dell’analisi del segnale. All’aumentare della frequenza di campionamento si riesce a identificare in un range di frequenze più ampio. (iii) i risultati ottenuti per i casi di smorzamento modale al 2%, 5 % e 8%  indicano che all’aumentare dello smorzamento la tecnica FDD risulta non più utilizzabile in quanto i picchi presenti nelle relative PSD non sono leggibili, quindi si può affermare che la tecnica FDD funziona con bassi valori di smorzamento.

 

(iv) All’aumentare della durata del segnale in input migliora la forma della PSD e quindi la sua leggibilità.

Un numero più elevato di sensori può essere in alcuni casi necessario laddove non si sia in grado di identificare dei modi univocamente, a causa per esempio della presenza di modi locali o di modi molto simili in una direzione. Avendo appurato che nelle applicazioni numeriche la configurazione di 13 sensori, effettivamente disponibili per l’applicazione reale, non consente di identificare perfettamente le forme modali, si è proceduto a considerare un ipotetico aumento del numero di sensori da utilizzare, passando da 13 a 38 sulla base dell’analisi delle deformate modali ottenute con il software agli elementi finiti. Si ottengono attraverso questa nuova configurazione di sensori ampiamente maggiore di quella iniziale tutte le informazioni ricercate in termini di frequenze, forme modali e smorzamenti.

Volendo ridurre il numero di sensori, senza perdere le informazioni aggiunte, sono stati analizzati alcuni criteri di ottimizzazione del posizionamento di sensori quali: effective independence method (EFI); displacement index method (DI); driving point residue method (DPR); eigenvalue vector product (EVP); non-optimum driving point (NODP); metodo dell’energia cinetica; most informative subset (MIS). Tra le applicazioni condotte con alcuni metodi sopracitati i risultati più accurati sono stati ottenuti con il metodo EFI, in quanto rispetto ad altri permette di identificare le forme modali d’interesse attraverso una configurazione composta da un numero minore di sensori. L’applicazione di quest’ultima tecnica è sintetizzata dal diagramma di flusso mostrato di seguito:

 

Tuttavia, anche con il metodo EFI, alcune forme modali non risultano correttamente identificate e, quindi, risulta necessario integrare in tale tecnica una condizione in uscita riferita alla MAC. Infatti, eseguendo la valutazione dell’efficienza della MAC al variare della posizione di sensori è possibile ottenere risultati più soddisfacenti, a discapito della velocità di applicazione del metodo per individuare il numero di strumenti effettivamente necessari.

Il coefficiente di efficienza della MAC proposto è ottenuto attraverso i seguenti step:

1) determinata la matrice MAC, per ogni colonna si valuta la differenza tra il valore sulla diagonale con gli altri valori della colonna stessa;

2) si calcola il valor minimo delle differenze del punto precedente;

3) si opera una media tra i valori minimi in modo da ottenere un singolo valore per tutte le colonne e quindi riassuntivo dell’andamento della MAC, che possa tener implicitamente conto della dispersione dei valori rispetto alla diagonale principale.

Quindi, partendo dalla configurazione di 38 sensori, applicando il metodo EFI e, quindi, eliminando ad ogni iterazione il sensore a cui corrisponde il minore EFI, per ogni configurazione di sensori ottenuta dall’algoritmo è stato valutato il coefficiente di efficienza della MAC.

Osservando la curva di efficienza è possibile notare che vi sono sensori a cui corrispondono derivate negative o costanti della curva, ovvero che comportino un decremento – o ad un non incremento – di efficienza della MAC. Pertanto, tali sensori sono meno necessari. Percorrendo la curva dall’origine, tenendo presente che i primi sensori sono quelli più “utili” secondo il criterio della EFI, si selezionano tutti i sensori a cui è associato un incremento del fattore di efficienza, quindi si scartano tutti quelli che nella curva individuano un tratto a pendenza negativa oppure hanno una pendenza positiva, ma non tale da incrementare l’efficienza rispetto ai sensori cui l’EFI ha attribuito un peso maggiore in termini di frequenza. In questo modo, è possibile trovare in modo sensibilmente più semplice e veloce, ma efficace una configurazione ottimale di sensori. In direzione x,  della seguente figura si mostra che i primi sensori corrispondenti ad un incremento positivo dell’efficienza della MAC sono 19, 36 ,17, 20, 11, 9, 15, 29, 33.

Quest’ultimi sono caratterizzati dalla seguente configurazione spaziale sul ponte ad arco in esame:

Con tale configurazione di sensori, la MAC risulta essere:

Da cui si evince che il criterio introdotto per la scelta semplificata dei sensori più importanti sembra essere efficace. Infatti, partendo da una configurazione di 13 sensori, attraverso considerazioni sul modello numerico, si è passati ad una configurazione di 38 sensori e, infine, applicando il metodo di ottimizzazione descritto, si sono scelti 9 sensori con i quali si è in grado di eseguire una corretta identificazione dinamica senza perdere informazioni né in termini di frequenze né in termini di forme modali. Ciò ha confermato che la corretta posizione dei sensori può essere più determinante del numero di sensori.

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